In tedesco, la stessa parola, Beruf, vuol dire sia “vocazione” sia “professione”.
Anche per noi è così: lavorare per le Opere è una vocazione.
Non è una questione “religiosa”: è che proprio cerchiamo Persone che si sentano chiamate a lavorare con noi (il verbo latino vocare vuol dire proprio questo, “chiamare”).
Quando diciamo che nelle Fondazioni si viene a lavorare per vocazione prima che per mestiere, intendiamo dire che tutti i collaboratori devono conoscere, condividere e fare proprio lo scopo, il carisma dell’Opera.

Per questo, chiunque lavori per le Opere è un Educatore: questo è il ruolo, qualunque sia la sua mansione. Perché immedesimarsi con il carisma dell’Opera vuol dire, inevitabilmente, considerarlo come temine di paragone per le proprie esigenze umane, e proporlo a chiunque si incontri. Proporlo non con un discorso, naturalmente, ma per il modo con cui si affronta qualunque aspetto della propria mansione.
Sinteticamente, potremmo dire che siamo tutti educatori perché siamo tutti seriamente impegnati con le domande che muovono la vita.

Il segreto dell’esistenza umana non sta soltanto nel vivere, ma anche nel sapere per che cosa si vive.

(Fëdor Dostoevskij, I fratelli Karamazov)

Perché tutto questo non rimanga una pia intenzione, abbiamo messo a punto un sistema di recruiting molto rigoroso. Infatti, se la vocazione è una – alla vita come educazione – le competenze e le professionalità sono molte; e aiutare ciascuno a trovare “il proprio posto” favorisce insieme la crescita della Persona e il miglior sviluppo delle Opere.

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Inoltre, nel tempo abbiamo sempre più intensificato il lavoro in équipe dei responsabili. Il rischio che i problemi della mansione prevalgano sulla responsabilità del ruolo è infatti sempre presente; lavorare in équipe e richiamarsi continuamente al carisma è un metodo perché questo rischio si riduca, e i problemi della mansione vengano affrontati per quanto possibile alla luce degli scopi delle Opere.

Infine, per quanto riguarda la retribuzione dei collaboratori abbiamo implementato un sistema detto Total Rewarding System, in cui alla retribuzione base connessa alla funzione si aggiungono:

1. Una componente legata al raggiungimento degli obiettivi, che valorizza l’intraprendenza e la responsabilità del singolo;

2. Una componente di welfare, che pone al centro la conciliazione famiglia-lavoro ed è identica a prescindere dall’inquadramento, mettendo così al centro la Persona anziché la mansione.

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“Un giorno Socrate fu avvicinato da un uomo in piena agitazione che gli disse: «Ascolta Socrate, ti devo raccontare qualcosa d’importante sul tuo amico.»
«Aspetta un attimo», lo interruppe il saggio, «hai fatto passare ciò che mi vuoi raccontare attraverso i tre setacci?»
«Tre setacci?», chiese l’altro meravigliato.
«Sì, mio caro, vediamo se ciò che mi vuoi raccontare passa attraverso i tre setacci.
Il primo setaccio è quello della verità: sei convinto che tutto quello che mi vuoi dire sia vero?»
«In effetti no, l’ho solo sentito raccontare da altri.»
«Ma allora l’hai almeno passato al secondo setaccio, quello della bontà? Anche se quello che vuoi raccontare non è del tutto vero, è almeno qualcosa di buono?»
L’uomo rispose esitante: «Devo confessarti di no, piuttosto il contrario…»
«E hai pensato al terzo setaccio? Ti sei chiesto a che serva raccontarmi queste cose sul mio amico? Serve a qualcosa?»
«Beh, veramente no…»
«Vedi?», continuò il saggio, «Se ciò che mi vuoi raccontare non è vero, né buono, né utile, allora preferisco non saperlo e ti consiglio di dimenticarlo».

Dan Millman, La via del guerriero di pace, Il punto di incontro 2006

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